Quattro motivi che potrebbero far volare il Sassuolo

Giorgio Squinzi, patron Mapei e proprietario del Sassuolo, lo ha chiaramente detto in una recente intervista al Corriere dello Sport: “ho chiesto a Bucchi di tornare in Europa League, vincerla e poi andare in Champions League”.

Voglia di Champions dunque per l’artefice del miracolo Sassuolo, la squadra di un paese di 40.000 abitanti portato in pochi anni dalla serie C alla serie A e diventata ormai una delle certezze del calcio italiano.

Fare del Sassuolo una abitué dell’Europa: è possibile? In passato altre piccole come Empoli, Livorno, Genoa e Chievo hanno sporadicamente frequentato le coppe europee. Il Sassuolo vuole farlo con continuità, sul modello del Parma di Tanzi. Impresa difficile ma non impossibile. Ecco qui di seguito quattro caratteristiche del modello Sassuolo che potrebbero consentire ai Neroverdi di spiccare definitivamente il volo.

1 -struttura societaria.

Alle spalle dei Neroverdi, come detto, c’è la Mapei, leader mondiale nei prodotti per l’edilizia, adesivi e sigillanti. Un colosso che garantisce al Sassuolo una solidità economica da grande squadra. Ma è solo questo il motivo per il quale il Sassuolo si è attestato ai vertici del calcio italiano? Non solo. Infatti, un’inchiesta della Gazzetta dello Sport dello scorso settembre ha rivelato che il monte ingaggi degli Emiliani, sui 28 milioni lordi, è appena il dodicesimo dell’intera Serie A.

Questo dato indica come il club di patron Squinzi possa certamente contare su una buona base economica ma anche come sia stata in grado di spendere oculatamente e con successo i capitali a disposizione.

Dal punto di vista della società, l’organigramma neroverde è snello: Squinzi mette i capitali ma lascia fare al suo staff. Sono l’a.d. Giovanni Carnevali e il d.t. Guido Angelozzi ad occuparsi della parte tecnica, acquisti e cessioni.

2- stadio di proprietà.

Il signor Mapei è stato uno dei primi in Italia a dotare il proprio club di uno stadio di proprietà.  Dato che non era possibile costruirsene uno a Sassuolo, Squinzi decise di acquistare quello della vicina Reggio Emilia, al fine di dotare i Neroverdi di una casa stabile e in grado di generare utili.

Così, dopo il fallimento della Reggina nel 2005 e quello della Mirabello 2000 (la società controllante lo stadio) nel 2006, nel dicembre 2013 è la Mapei ad aggiudicarsi all’asta la proprietà dell’impianto, provvedendo poi a migliorarlo ulteriormente.

Grazie anche agli introiti generati dallo stadio di proprietà, Squinzi ha potuto dar vita ad un circolo virtuoso. La Mapei ogni anno investe una certa cifra nella squadra. Il resto lo deve produrre il club. A Sassuolo non c’è il calcio dei padri/padroni degli anni ’80 (quello dei Rozzi, die Massimino o degli Anconetani, per intenderci…) ma una struttura organizzata ed un lavoro portato avanti in modo quasi scientifico. Si investe, si ha un ritorno economico, si vende e si compra.  Si generano così degli utili da utilizzare nel rafforzamento della squadra. È questo il metodo che ha portato in passato, ad esempio, ad offrire al terzino croato Sime Vrsaljko (all’epoca al Genoa e ora all’Altetico Madrid) un ingaggio da 1,2 milioni di euro a stagione che permise al Sassuolo di battere la concorrenza di altri club di fascia superiore, come la Fiorentina.

3- giovani e italiani.

Il progetto tecnico avviato da Squinzi fin da quando (2004) l’imprenditore milanese è diventato proprietario del club prevede l’acquisto di giocatori giovani e italiani. In serie A il piano è rimasto lo stesso. I vari Magnanelli (col club per tutta la scalata dalla serie inferiori alla serie A), Zaza, Sansone, Acerbi, Berardi, Trotta, Falcinelli, Mazzitelli etc…sono tutti ragazzi arrivati giovani e cresciuti di pari passo con i risultati della squadra emiliana. A questi giocatori viene permesso di cresce in un ambiente lontano dalle pressioni delle grandi piazze ma in un club organizzato dove viene loro consentito di esprimersi la meglio e di cominciare ad annusare l’aria dei quartieri alti della classifica. L’ideale per un giovane.

Qualora poi questi giocatori decidano di andar via per giocare in piazze più importanti e più remunerative da un punto di vista economico ecco che subito Carnevali e Angelozzi si prodigano per sostituirli con altri giovani in rampa di lancio.

Lo stesso sta accadendo in questa estate con Pellegrini che ha ripreso la strada per Roma e con Politano e (forse) Berardi pronti a lasciare. Subito, in un giro probabilmente legato al nome del centravanti francese Defrel, il Sassuolo ha ricevuto dalla Roma il difensore Riccardo Marchizza (classe 1998) ed il centrocampista Davide Frattesi (1999).

A questo nucleo giovane si aggiunge l’esperienza data da giocatori come Paolo Cannavaro e Francesco Acerbi che ha recentemente rinnovato fino al 2022. Su questa spina dorsale si andrà a costruire il Sassuolo della prossima stagione.

Creare un nucleo di giocatori italiani permette di costruire quell’amalgama nello spogliatoio che consente poi alla squadra di favorire l’ingresso di eventuali giocatori stranieri. Permettere poi ai giocatori di crescere e maturare in un ambiente sereno, senza troppe pressioni, può favorire il raggiungimento di determinati obiettivi rispetto a situazioni dove la pressione la fa da padrone.

4- gli allenatori.

Da quando il Sassuolo è arrivato in serie A nella stagione 2013-14, se si eccettua un breve interregno di Alberto Malesani, la società di Squinzi ha mantenuto una continuità tecnica legata al nome di Eusebio Di Francesco.

Questo ha permesso alla squadra neroverde di crescere dietro ai dettami di gioco dell’allenatore abruzzese. Così, il 4-3-3 è diventato il marchio di fabbrica degli Emiliani, il sistema di gioco intorno al quale costruire le campagne acquisti del Sassuolo.

Nonostante qualche variazione verso il 4-2-3-1 mostrata in questo campionato, i cardini del gioco di Di Francesco sono rimasti invariati: squadra corta, linea difensiva che si muove con la palla come riferimento primario, tagli degli esterni per andare ad occupare la zona dietro il No.9, movimenti in ampiezza e profondità degli interni di centrocampo.

Su questi stessi dettami dovrebbe fondarsi la gestione di Cristian Bucchi, ex tecnico di Gubbio, Torres, maceratese e Perugia con già alle spalle un assaggio di serie A quando, nel marzo 2013, subentrò a Cristiano Bergodi alla guida di un Pescara già virtualmente retrocesso.

Bucchi proverà quindi a continuare sulla strada intrapresa da Di Francesco. Il calcio dell’ex allenatore del Perugia si fonda sull’idea di costruire dal basso, sulle rotazioni dei centrocampisti e sull’attacco allo spazio. Non importa che sia il playmaker, un interno di centrocampo o un esterno: chi ha davanti a sé uno spazio lo deve attaccare.

Come Di Francesco, anche Bucchi avrà probabilmente a disposizione il tempo necessario per plasmare la squadra secondo le proprie idee. In Cannavaro, Acerbi e Manganelli, Bucchi troverà elementi in grado di favorire la transizione dal precedente progetto tecnico al nuovo.

Il nuovo allenatore quindi non parte da zero, non deve ricostruire le fondamenta della squadra ma dovrà provvedere ad inserire i nuovi in un contesto conosciuto. Questo, se tutto andrà secondo i piani, dovrebbe consentire al Sassuolo di non patire eccessivamente il cambio di guida tecnica e di partire subito bene. Una partenza lanciata alla quale cercare poi di dare continuità per arrivare in primavera nelle posizioni che contano per giocarsi l’ingresso in Europa.

By: @MicheleTossani

Photo by: Juvelive.it